domenica 2 giugno 2013

"Se questa rabbia inutile / è la mia sola dignità" - Giorgio Cesarano

Mi trovo a rileggere di nuovo, La tartaruga di Jastov - "Jastov è un'isola immaginaria", scrive, in nota al volume, Giorgio Cesarano - isola che lui
pare abbia visto "al largo della Jugoslavia, non lontana dalle acque territoriali albanesi",  nell'Adriatico, guardando le mura di Dubrovnik e le montagne serbe alle spalle - invece più a nord "Zadar. / (Nel molle della lingua / ancora viene: Zara.)".
Finì suicida. Nessuno della sua generazioni possedeva il suo talento figurativo, dicono. Lascia la poesia poco dopo la pubblicazione del "romanzo" La tartaruga di Jostov essendo fra i primi, appunto, a fornire un plausibile e duraturo fondamento espressivo - molto sentito in quel periodo storico - del "romanzo in versi". Nel 68' abbandona la poesia e passa alla politica - un poeta quindi che a un certo punto ha deciso di dimettersi dalla poesia.  

Il parlare odiato, sempre odiata necessità: "(Tenuti qui da parole: / ma / parlando come muti.) / Ma nell'intenso sforzo di / comunicare, come se /condividendo, / dubitando, / negando, / uno sbocco di vero rompa infine
questa / tosse spastica / e poi la guarigione cui si crede / contro i referti, senza conoscerla, / (tenuti vivi da parole) ..."
Da alcuni giorni sento poco, pochissimo. La testa è piena di liquido in putrefazione che preme contro i miei timpani. Ciclicamente fuoriesce riempiendo altri contenitori costringendomi ai continui lavaggi, abluzioni. Impuro senza un mujazin che mi possa invitare al rito di purificazione per l'orazione, posso solo guardare le immagini o le parole. Rileggo Cesarano e bevo molta acqua perchè mio-tutore-che-è-un-bravo-medico mi dice che devo reidratare quel che resta del mio corpo. Esiste un vero e proprio protocollo di rediratazione che va seguito alla lettera per evitare i crampi, la debolezza, l'alterazione dello stato mentale, le convulsioni e in fine il coma. Immagini alla televisione riportano disordini sulle vie e le piazze delle capitali del globo. Taksim e la città di Istanbul che ho appena lasciato. Questioni di alberi, apparentemente. Cesarano ha lasciato la vocazione e la pratica della poesia impegnandosi dapprima nelle piazze e nelle occupazioni coatte – come leggo nel racconto-testimonianza I giorni del dissenso, pubblicato da Mondadori nel 1968. 

Tossisco di nuovo, sputo cose liquose e torbide, masticandole prima per cercare di capirne la consistenza perché il pensiero della loro visione mi disturba a tal punto che le espello ad occhi chiusi, nel water. Fanno plof, ma non sento il loro rumore. Prendo del bentelan 1. Mio-tutore-che-è-un-bravo-medico dopo avermi visitato disse:" ...la tua propensione all'automedicazione è sconcertante. Ciononostante devo riconoscere che hai intrapreso una cura quasi idonea. Rimane il fatto però che sei un "dottore in niente"!". Un pò come il Debord, pensai, il padre del movimento che avrebbe anticipato il Sessantotto, autore del Panegirico (uscito da pochissimo in Italia in versione completa dei due tomi). Già i situazionisti, e la loro "denuncia" di quel regno liquido e cromatico dello spettacolo, della sovrastruttura (ritornando al linguaggio marxista) dove l'immagine e l'immaginazione, il "look" e il video sostituiscono la sostanza dei rapporti non solamente di produzione ma anche di quelli sociali. Controllo mio profilo su instagram, ne sono diventano un addicted. Intanto Otalgan scivola lumacosamente verso i miei timpani bellissimi. Già, aveva aggiunto mio-tutore-che-è-un-bravo-medico al termine della visita: "l'otite, però hai dei bei timpani, complimenti!". 
Sono le 8.05, mi alzerò ora per cercare un bar aperto e del caffè da portar via. Ho paura uscire fuori. Se non dovessi sentire i clacson delle macchine?! Se finissi sotto un tram di via XX Settembre? Mia madre non me lo perdonerebbe mai, morto sotto un tram dopo che aveva sborsato migliaia di marchi tedeschi per farmi uscire vivo da Sarajevo. Porterò con me Sebastian, mio coniglio di gommapiuma, è meglio. Potrebbe fare da cuscinetto tra me e l'automobile in caso di un urto violento. Ma è necessario che io esca ora, tra poco via Garibaldi e piazza Castello si riempiranno di gente. La gente.

"Questa gente!", con amarezza improvvisa, sbotta la Ruth della poesia di Cesarano, e lui decide di non voltarsi a guardare da dove proviene il baccano: "non posso, non devo: è Passato / Questa gente / deve passare, passerà". (Ecco che questa riflessione, degna dell'Ade, è compensata da quest'altra frase: "non
è la stessa / delle idee, dei discorsi, / la gente, / ex-sottouomini o i
loro figli, per tanto avendo parlato noi / a loro nome?").



2 commenti:

  1. Dottore in niente? Allora la festa di dottorato era una finta?! ciao biondoooo! te possino...

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    1. mooroooo!! ogni scusa è buona per festeggiare :P

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