domenica 30 settembre 2012

Tutto il corredo!




Sveglia Leone! Altro che ombrelli! Qui noi abbiamo l'intero corredo con tanto di tappetino per mouse Scalamandré e candela profumata. E' stato un regalo di compleanno della mia adorata sorella zebra newyorkese. Nessuno mi conosce quanto lei!

Consigli utili e divertenti per il vostro guardaroba: Ombrelli di Zebra, per un autunno piovoso

Dear Zebra,
Your umbrellas crossed the pond at the Henley Royal Regatta last week (ph by Louis Renzo) Thank you Louis!

Buongiorno Leone!

Buongiorno Leone!
Eccomi qui, finalmente ce l'ho fatta. D'altronde lo sai, noi zebre a pois siamo ritardatarie di natura, nottambule nell'animo, amanti sfrenate delle ore piccole. Ci perdiamo in un bicchiere d'acqua ad ascoltare ore ed ore vacui discorsi di ogni sorta di specie viventi che ci capita di incontrare, qua e là, nelle varie metropoli-savane, durante l'eterno corso delle nostre continue migrazioni. Senza radici alcune, punti fermi, ci spostiamo di continuo da una parte all'altra di questo strano mondo, sempre alla ricerca, con il cuore colmo di malinconia per quel luogo che abbiamo appena lasciato ma con lo sguardo vivo di chi sta per scoprire un nuovo esaltante orizzonte. Eppure qui, per la prima volta mi sento a casa: la carta da parati Scalamandré che ricopre le quattro mura di questa nostra abitazione virtuale, è per me il più grande degli omaggi. Quando poi si parla di Zoologia Fantastica è impossibile tirarsi indietro.
E' passato poi molto tempo da quando in una misteriosa enciclopedia cinese (menzionata nell'introduzione del Manuale di Zoologia Fantastica di Borges) qualcuno cercò di fare un'approssimativa classificazione di noi specie fantastiche. "In quelle remote pagine è scritto che gli animali si dividono in a) appartenenti all'Imperatore, b) imbalsamati, c) ammaestrati, d) lattonzoli, e) sirene, f) favolosi, g) cani randagi, h) inclusi in questa classificazione, i) che s'agitano come pazzi, j) innumerevoli, k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, l) eccetera, m) che hanno rotto il vaso, n) che da lontano sembrano mosche."
Nonostante io apprezzi sinceramente questo divertente tentativo umano di provare a riconoscerci, schedarci e raccontarci, penso sia arrivato il momento di apportare qualche importante precisazione a questa magica lista, ormai un pò superata. C'è da dire che se sì -è vero- in passato siamo appartenuti all'Imperatore, ci agitavamo come cani per un nonnulla, rompendo un'infinità di vasi, eccetera, ci divertivamo a farci ammaestrare, ritrarre con un pennello finissimo di cammello, oggi tutto è decisamente cambiato. Per prima cosa nella savana contemporanea -come è facile notare- Zebre (a pois) e Leoni sono diventati finalmente buoni amici. Basta con gli agguati e le persecuzioni, con tutta quella violenza gratuita, basta con gli scherzi, con le stupide corse a perdi fiato, con quelle brutali e vecchie maniere di predominare sull'altro! Oggi Zebre (a pois) e Leoni sono una grande famiglia felice che usa lo stesso potenziale magico per affrontare ogni nuovo giorno.
Una cosa però è rimasta invariata: la lotta alla sopravvivenza. E anche se non riconosciamo più nei vecchi predatori il nostro nemico, continuiamo a fare quello che dalla notte dei tempi ci ha sempre caratterizzate. Essere Zebre significa prima di tutto scappare. E più sei brava a scappare, più il tuo manto si ricoprirà di pois e  allora sarai libera, libera di scappare sempre più lontano. Una volta che i pois cominceranno ad apparire, scoprirai che in fondo nulla è cambiato. Perché sempre di lotta alla sopravvivenza si tratta. Continuerai ad avere lo stesso chiodo fisso, a tenerti lontano dal pericolo e ad evitare con tutte le tue forze il Nuovo Predatore. Con una sola differenza che sarà più difficile perché ad oggi il Mostro si è fatto più letale, allarmante e disgustoso che mai. Assume le forme più svariate e sembra aver conquistato molti angoli di questo pianeta. Ma nessuno come noi Zebre sa riconoscere il Nemico: ha il volto della noia, lo sguardo vuoto della banalità, il tanfo nauseabondo dello squallore, dell'assenza di bellezza, l'eco della mediocrità. Da questo, sempre, ovunque e comunque bisogna sapere scappare a gambe levate. Per noi questa è l'arte suprema poiché ci nutriamo di sola magia e dobbiamo preservarci. Nella nostra lotta alla sopravvivenza stiamo imparando a sfuggire da quel contatto con un manto che non sia raffinato e fantasioso come il nostro. D'altronde, nel corso della storia, questi pois ce li siamo sudati! Adesso siamo determinate a guardare il mondo attraverso il nostro filtro. 



                                        Undicesimo compleanno di Margot, omaggio a noi Zebre.

Come togliere il calcare dal soffione?! Sunday Bloody Sunday

Ecco siamo già al punto che uno si permette a dare un cosiglio ai casalingui con i problemi che davvero differenziano noi occidentati-li o come gia ci si chiama (addomesticati perchè poi io occidentale...mah) da un abbitante delle bidonville dove acqua calcarea scarseggia.
Il Soffione della doccia!
Si chiama soffione della doccia quella mascherina dell'erogatore della doccia,  o nel mio caso a mo di cornetta telefonica (come erano belle quelle di bachelite?!? lo so, era scomodo girare i numeri uno ad uno, per non parlare dopo aver appena messo lo smalto. Sentivo spesso imprecare mia sorella di nome Dolcezza - di nome in quel caso e non di fatto!) finemente traforata in modo da suddividere il getto in tanti zampilli che poi creano il getto piacevole che ti da quella meravigliosa sensazione di benessere e ti fa sentire più fortunato di un Rothschild!
Ma spesso questi zampilli vanno ognuno per la propria strada, il motivo è il calcare. ehhhhh hai scoperto acqua calda Leone! no affatto, e che Micaela, quel angelo che ogni tanto si addentra nel mio loculo cercando di destreggiarsi tra un disordine assoluto (ripeto, ASSOLUTO!) non si avvicina mai alla cornetta della doccia! Lei mi compera i prodotti, Vical con Acetto (ultimo acquisto), spugnette colorate, le lascia li come per dire: so cose da maschi!!
E va bene allora oggi dopo aver innutilmente cercato di lavarmi allagando il mio bagno color ultima-dimora-di-Tutankhamon, ho detto, staccati un'attimo da Sunday Bloody Sunday (la scena finale, con Peter Finch, che tra poco andro a vedere. Da domenica uggiosa, magari qualche lacrimuccia per le pene mai provate ma solamente immaginate, cmq ci sta. perchè poi lo sguardo è più intenso e fa bene ai canali lacrimali) e affronta sta maledetta doccia da uomo!

passo 1: abbondantemente annaffiare la cornetta staccata dal resto della doccia con Viacal Acetto



la mia fortuna è che Micaela ed io indossiamo i guanti della stessa misura. Mi complimento sempre con lei per le sue lunghe dita affussolate e lei poi mi dice che le ha ereditate dalla nonna che suonava il violino a Timisoara, e poi ci sediamo e ricordiamo bei tempi andati...ed ecco che poi la doccia ovviamente tocca a me!

Ma cari animaletti della savana (!?! va bhe lasciatmi dire sta stronzzata che fa tanto telerpomozione!), Viacal Aceto non basta! qui bisogna ingegnarsi: nonostante litri di questo velenoso prodotto i poretti rimangono ostruiti! ma calcare è ancora morbido! quindi...

Eccola Zebra ha aperto gli occhi (Bungiorno cara!!! e mi scrive via whatsapp: "ahahahahahah!! Quindi anche oggi ti sei svegliato all'alba?!" eh si qui qlc deve pur tenere in piedi sta creatura mentre le Zebre e le Scimmmie Du Barry folleggiano nella capitale!) 



passo 2: Un ago! pazientemente, con molta dolcezza affrontate i pori ostruiti ed ecco che si potrà riprende la vita con le norme igeniche quasi regolari.
Ora torno da Peter, ed ecco, che la domenica riprende il suo corso







Da Jacobs a Lavazza

 


Zebre e Leoni in un circo come questo ci stanno bene. La tua perplessità, inizialmente da me condivisa sul rimmanere solo Zebre e Leoni, anonimi abitanti della savana, ma poi  immediatamente smentita portando alla luce I nostri connotati è indicativa quanto più che mai le parole di Anaïs Nin, questa mattina, siano attuali. Egoisticamente Questa Mattina, perchè lo sono state anche nel 1964 : “We believe we are in touch with a greater amount of people… This is the illusion which might cheat us of being in touch deeply with the one breathing next to us.”
Causa la mia sciatica peggiorata dalle ore passate sull’aereo, i signori della Lufthansa erano così gentili e avevano assecondato, anche questa volta, tutti i miei schiribizzi: la vettura di cortesia elettrica mi attendeva già allo sbarco dell’aeroporto di Monaco di Baviera per poi scaricarmi proprio davanti alla mia tanto bramata “pausa caffè”, sede distaccata del Dalmmeyr che cercava goffamente di ricreare quell’atmosfera bavarese dello storico locale cittadino. Miscela  profumate di “Antigua Tarrazu”, chicchi di caffe coltivati sugli altipiani blu delle piantagioni del Guatemala e del Costa Rica, “fumata” nel box tossici con le facce gialle o grige o verdi dei addicted dopo I lunghi voli intercontinentali. Una telefonata all’amico del collegio in nome dei tempi passati per ricordare come si balordava allora per lo Schwabing. Lui, Werner, era prodotto un pò come il caffe che stavo sorssegiando, di una rara selezione genetica dei Land tedeschi. Ad una festa che ricordammo in quella occasione e che doveva far riviver gli anni d’oro della germania inizi secolo scorso: devi immaginarti cara Zebra un palcoscenico a ciambella, luce buia, melodie alla Marlene Dietrich (o forse erano proprio le sue) e abiti postribolari femminili. Nella penombra iniziale si notano le parrucche bionde sotto le bombette nere, labbra ed occhi truccati, guaperies e mutandine bianche, calze e reggicalze nere,tacchi a spillo. Un malcapitato avrebbe fatto fatica ad intenderne il significato. Ma poi, una volta abbituato le sue cornee alla luce e al fumo (ahhh anni quando con una mano reggevi la bionda e fumavi anche sopra I vasi a parete nei bagni dei signori mentre con l’altra cercavi di centrare…bhe si insomma non sono cose da raccontare ad una signora Zebra) si sarebbe accorto che i seni fuori dale guaperies sono maschili e così le braccia e le spalle, robuste, le gambe, muscolose, tutto apparteneva a giovani corpi maschili. Secodno Werner, Rudolf, e altri organizzatori di quella serata a tema, dovevano rappresentare le anime dei "nuovi" (di allora), anime pervertite che hanno permesso l'instaurazione del regime totalitario fondato sull'odio. La disintegrazione delle famiglie piu potenti del reame sfruttando la sete di potere dei suoi membri. La frase: "Gli Hessenback producono cannoni e figli con lo stesso sentimento, e con lo stesso sentimento li sotterrano" rendeva bene l'idea.  Eh già ma di fatto Visconti queste cose le aveva già filmate.  Di nuovo sul bollide direzione Gate XX, il volo per Torino.
L’accostamento del giallo al grigio trovo sia ben riuscito. Non tanto tempo fa davanti ad una giubba da montagna fatta delle stesse tonalità di questi due colori feci un apprezzamento apparentemente poco gentile: “sembri una poltrona della Lufthansa!”
In verita le ho sempre trovato stilosissime: rigore nordico accopiato alla “vivacità tedesca”, senza quei colori-non-colori così sfacciatamente scandinavi.
Una tazza di caffe (Jacobs, se ricordo bene, miscela verde così cara alla mia memoria infantile) e una apfelschorle (con la quale non bisogna esagerare sopratutto se non si è regolari con le evacuazioni). Quindi siamo ancora solo a quota 3 (se calcoli la brodaglia propostami all’aeroporto di partenza, a Kopenhagen). Velocemente mi riaproprio dei miei averi dal rullo dei bagagli (sono piccoli ma importanti pregi degli aeroporti di provincia cara Zebra!) e via dritti a … San Tommaso 10! 

Casa. Eh già. Dirai tu ma è il tuo bar di “partenza” di ogni giornata?! Proprio così. Perchè non anche di arrivo una volta tanto. Il sorriso di Daniela (che poi non c’è più e questo non me lo facci andare giù, perchè insistentemente faccio la domanda fingendo la distrazione: Ma Daniela, fa il turno pomeridiano?! Ah non c’è più…ma pensi…), entrare e non dover dire nulla ma solamente sorridere, essere contracambiato da una tazza take away fumante di ottima miscela Lavazza (doppio macchiato – freddo dal mese di maggio fino ai primi di ottobre, caldo per il resto dell’anno) e poi svignarmlea salutando con la mano libera dopo aver lasciato 3 rubli e mentre sto terminando di masticare mio cornetto alla crema e intraprendere il solito percorso 



(cmq la lettera del CEO di Appel ci voleva per scusarsi per ste mappe malfunzionanti! Per farti il tragitto qui fotografato ho lotatto ben 15 min e alla fine mi fa passare per via XX Settembre che a quell ora del mattino non farei manco fossi matto da legare! mai! c’è troppo traffico è sarebbe in contromano! Bhe si, anche andando a piedi)

Il tutto accendendo la prima sigaretta della giornata con la voracita di un animale in fuga: una buona Marlboro light di contrabando serbo, pachetto morbido perchè quando sono ciancicate sono più gustose!
Ecco come vedi Zebra cara, la Anaïs aveva ragione. (la traduco maldestramente) “Il segreto di una vita piena è quello di vivere e relazionarsi con gli altri come se non dovrebbe esserci un domani, come se si potrebbe non esserci domani. Eliminare quell odioso vizio della procrastinazione, il peccato di rinvio, la mancata comunicazione, o le non riuscite “comunioni”." Solo in queste righe ho attraversato l’Europa e manco un incontro degno di un nome proprio!? Mi fa paura, questo. 
Ed ora, scrivendoci tra noi, tra gli animali della savana, che poi leggeranno “loro” (?!), con parole prese in prestito dalla lingua degli umani (a me poi non sempre ben riuscirà, in quanto…ma chi si ricorda più quale sia la mia L1, mio idioma madre/padre!?), sorsseggiando nel mentre un buon caffè (certo ho ommesso Illy, ma quello è un’altra storia legata alla mia amatissima Trieste) perchè noi, I sarajevesi, risolvevamo tutto davanti ad una tazzina di ottimo caffè turco seduti a Bascarsija, nel cuore della City antica fondata da un Bey mille anni or sono.
Ultimo, quello buono l'ho sorseggiai con la mia matriarca nel lontano 1993. Solamente un suo occhio lacrimava mentre mi abbracciava. Le guance erano morbidi. Alora presi il suo viso tra le mani, “che mani grandi che ho!? “– pensai in quell istante. O è il suo cranio che si stava restringendo come le teste dei viniti dalle tribù dell’amazionia? I vinti da quello che sarebbe arrivato poco dopo il caffè. La guardavo con gli occhi vitrei e premevo i polpastrelli così forte che sentivo scricchiolare le giunture del teschio. Lei piangeva. Io no. Mio padre forse, ma per cosa poi mi chiedevo?, allora. Il suo occhio ballerino aumentava il ritmo e spruzzava le sue lacrime salati sulle mia labra che sapevano di quella miscela arabica. Saranno state due o tre, come le gocce di una qualche pozione alchimica, perché una volta assaporate e ingoiate entrai in sintonia con il circondario. Per la prima e l'ultima volta. Perché i neonati non vengano placati con le lacrime delle madri? 
Finimmo il caffè e ogniuno intraprese un suo cammino. Era un buon Jacobs, miscela verde, preparato a la turca. 

sabato 29 settembre 2012

come dire, quando si è "in calore letterario"

Buongiorno Zebra!


Buongiorno Zebra!

Ho pensato che svegliarti con il nostro primo post potrebbe essere un buon inizio della giornata. Perchè Zebre e Leoni? Bisognava prendere una decisione velocemente, i tempi della Rete non ti permettono di avere dei dubbi, al meno non per dei lunghi archi del tempo (aggiorna,re-upload,refresh...stavo per prendere lo xanax 0.50 tanta era l'ansia di partorire (?) qualcosa di sbagliata ma poi...), ecco allora che per una qualche strana ragione Zebre e Leoni ha avuto senso. E poi le zebre sono cavalli dalla testa pesante (lo dice la treccani!) e a volte ci lamentiamo di averla pesante. la Testa intendo.

Mentra la scorsa settimana perlustravo lagune friulane ho incontrato dei splendidi esemplari bianchi. Il sole era forte, l'aria frizzante, la barca scivolava lungo i canali mentre la loro immagine si assopiva insieme a...mi sono addormentato e ho sognato!

Il percorso, quel solito percorso verso Arnold Strasse poteva riservare qualche sorpresa: Un cavallo uscendo dal maneggio dei W. si impennò davanti ai Quatro Cerchi della carozza del marito di Dolcezza. Le automibili di fattura tedesca si sanno diffendere bene dagli zoccoli di un mezzo sangue.

La sterzata – battito della palpebra – lo stivale nella briglia.

Il viale della casa di Dolcezza. Solo Arman era girato per vedere ancora il “pferde” che riprendeva la camminata pomeridiana con l’amazzone spettinata.

“Islam, accosta, per favore!”

“Stanno bene signor Wolfgang, succede spesso, lei non è mai caduta da quel diavolo che manco le fiamme di Jahannam potrebbero brucciare”

“Nonno in Slavonija tu hai un cavallo?”

“Si sarà fatto male? Non riesco a girarmi, Dimitri cosa vedi? Qualcuno vuole farmare questa dannata macchina per favore?” ansimavano le corde vocali di mio padre. Islam frena.

Wolfgang apre la porta, scende.

Stavano imboccando il sentiero verso lo Zoo, idifferenti. Il Diavolo di Jahannam trottava seminando lo sterco.

“Si l’usignolo del nonno,” distrattamente rispondeva Wolfgang risalendo in macchina. Lui risponde sempre, anche se in ritardo, non lascia mai un punto interrogativo nel cervelletto di un bambino ”ne avevamo molti.”

Lo sguardo che lo specchietto retrovisore mi offriva era di un padre stralunato, dalla memoria, quella recente. Sara buona al meno la sua? Avrebbe voluto chiamarla, o forse correre verso di lei, ma poi… come parlarle? Lui non conosceva la lingua dell’amazzone nonostante porti il nome del suo imperatore e il suo piccolo interprete non era ancora pronto linguisticamente. 

“Belli, bianchi con un collo forte. Ora… “ stava per abbandonarlo di nuovo, per un’attimo, suo unico nipote maschio con il nome persiano

“spero stiano bene Dimitri, entrambi, il cavallo aveva una gamba... Ma perché non.. Mah.”

”… saranno già sulla strada verso lo Zoo o da qualche altra parte, sempre se questo incontro non ha procurato dei dani importanti al puledro.”

“Da noi non c'è più tanto spazio e poi sai come è la nonna,” riprese  “li metteva in lavatrice tutti i giorni e a loro non piace lavarsi così tanto. Un po’ come a te. Per cui sono fuggiti nel bosco.

Ma quando verrai, andremmo a trovarli. E potrai montare il re!”

E mentra la corda riprese il suo vibrare lineare, con le mani, una volta affusolate e curate ora contratte e gonfie dal freddo delle prigioni balcaniche, prese il viso del piccolo figliare di una apolide dal nome altisonante per portarlo verso le labra che non sappevano più di sigaretta. Wolfgang ha smesso di fumare da due anni e non riconsco più il suo odore quando mi abbraccia.

Mio nipote sta appena creando la sua memoria olfattiva restituendo al nonno il bacio sulla guancia calata.

“ Hai detto al nonno che papi ti porta spesso a vedere i pferden dai W.?” L’idioma di Islam, marito di Dolcezza è un "slavo" da gesterbeiter con i prestiti di lusso più assurdi che una qualsiasi lingua avrebbe potuto contrarre. Svelava così spudoratamente il suo passato, povero di stimoli che irritava i miei succhi gastrici “Ma lui ha paura ad avvicinarli signor Wolfgang. Solo attraverso lo steccato, a volte allunga la mano per dargli uno zuccherino”

“Credo che la sterzata mi ha fatto venire la nausea Islam. Come si apre il finestrino? Ho bisogno di aria” Devo uscire da qui o rischio il contagio. Banalità è resistente agli antibiotici di tutte le generazioni.

“Nessun Šubić ha mai avuto paura dei cavalli Arman, perché sono la nostra linfa vitale. Tua madre e tuo zio, quando avevano la tua età si addormentavano nelle stalle accanto ai puledri appena nati. Ti ricordi Dimitri?! La ciccatrice che la Dolcezza ha sulla fronte, a forma di scudo di davide, è il risultato di una di quelle notti. Che spavento che ci avete fatto prendere.”
 
Banalità vs Memoria

Blanka non parla. Le matriarche mentre in movimento spesso sognano ad occhi aperti. 
“Dolcezza non vuole che lui vada vicino, dice che poi si sporca e che i vestiti dopo puzzano per dei giorni... La vostra figlia non è più la stessa, signor Wolfgang.”

Blanka non parla. Le matriarche sono contrarie alla realtà che li predispone Islam. Loro guardano fuori dal finestrino.

Tutti i finesettimana passati a Le Betulle nei quali il tempo smetteva di gocciolare, Wolfgang ed io terminavmo con il battezzimo come quello che veniva infierito ai bogumili: una volta superato il ponte ottomano di Sarajevo le luci della città iniziavano a rubarci le stelle. La radio cominciava a prendere benissimo e il nostro maggiolone veniva inghiottito dalle vetture con l’aria confezionata. Inbocato il viale dei ippocastani smettevamo di parlare e comincivamo a sentire il nostro odore da campagnoli innoportuno. A volte incrociavamo la Dolcezza sul vialetto di casa che ci salutava con un sorriso profumato mentre saliva in macchina di un qualche giovane corteggiatore intenta ad offire alla città una delle ultime creazione di uno stilista parigino o veneziano. Allora noi suonavamo il clacson con esuberanza adolescenziale, inorgogliti dal legame di sangue che ci univa ad una delle più belle donne della penisola. Mia sorella. Sua figlia.

L’altra, ritiratasi dai palcoscenici come la sua matriarca mezzo secolo oramai, perché così va fatto altrimenti si risualta ridicoli agli occhi della gente, perché si sa: la gente è gente, e la gente giudica, ci attendeva seduta sul divano intenta a seguire uno dei suoi film da domenica pomeriggio. Una volta attraversati la porta, si alzava per affacciarsi sul lungo corridoio coperto di tapeti bucharà buttati a caso, o al meno così doveva sembrare e con lo sguardo inquisitore ci accogleva indicandoci la direzione della stanza da bagno. A volte ci veniva concesso il privilegio di raggiungere le nostre stanze per toglierci i vestiti che odoravano di fieno e rugiada e forse di sterco delle mucche a volte, specialemnte se era il periodo quando si spargeva il concime, per poi correre nudi come i neonati appena sgusciati dal utero sanguinante verso la vasca dove ci alternavamo: prima io e poi Wolfgang. Ridevamo sguaiati mio padre ed io mentre facevamo il riepilogo delle giornate passate a Le Bettule, il paradiso di noi uomini dove l’uniche femmine amesse erano le galline solamente perché faccevano le uova e le dee della mitologia greca e romana in quanto neccessarie ai racconti che uscivano dalla sua bocca mescolandosi con il fumo della sigaretta.

Mio padre non sapeva più di fumo, non sapeva più di cavalli che scappati per non essere lavati quotidianamenti in lavatrice hanno portato via anche la nostra vitalità. Mia sorella ha limato la stella di davide che portava sulla fronte e mio nipote non odorera mai di fieno perché soffre di allergie alle graminacee.

Credi che possa andare bene Zebre e Leoni?