Buongiorno Zebra!
Ho pensato che svegliarti con il nostro
primo post potrebbe essere un buon inizio della giornata. Perchè Zebre e Leoni?
Bisognava prendere una decisione velocemente, i tempi della Rete non ti
permettono di avere dei dubbi, al meno non per dei lunghi archi del tempo
(aggiorna,re-upload,refresh...stavo per prendere lo xanax 0.50 tanta era
l'ansia di partorire (?) qualcosa di sbagliata ma poi...), ecco allora che per
una qualche strana ragione Zebre e Leoni ha avuto senso. E poi le zebre sono
cavalli dalla testa pesante (lo dice la treccani!) e a volte ci lamentiamo di
averla pesante. la Testa intendo.
Mentra la scorsa settimana perlustravo
lagune friulane ho incontrato dei splendidi esemplari bianchi. Il sole era
forte, l'aria frizzante, la barca scivolava lungo i canali mentre la loro
immagine si assopiva insieme a...mi sono addormentato e ho sognato!
Il percorso, quel solito percorso verso
Arnold Strasse poteva riservare qualche sorpresa: Un cavallo uscendo dal
maneggio dei W. si impennò davanti ai Quatro Cerchi della carozza del marito di
Dolcezza. Le automibili di fattura tedesca si sanno diffendere bene dagli
zoccoli di un mezzo sangue.
La sterzata – battito della palpebra – lo
stivale nella briglia.
Il viale della casa di Dolcezza. Solo Arman
era girato per vedere ancora il “pferde” che riprendeva la camminata
pomeridiana con l’amazzone spettinata.
“Islam, accosta, per favore!”
“Stanno bene signor Wolfgang, succede
spesso, lei non è mai caduta da quel diavolo che manco le fiamme di Jahannam
potrebbero brucciare”
“Nonno in Slavonija tu hai un cavallo?”
“Si sarà fatto male? Non riesco a girarmi,
Dimitri cosa vedi? Qualcuno vuole farmare questa dannata macchina per favore?”
ansimavano le corde vocali di mio padre. Islam frena.
Wolfgang apre la porta, scende.
Stavano imboccando il sentiero verso lo
Zoo, idifferenti. Il Diavolo di Jahannam trottava seminando lo sterco.
“Si l’usignolo del nonno,” distrattamente
rispondeva Wolfgang risalendo in macchina. Lui risponde sempre, anche se in
ritardo, non lascia mai un punto interrogativo nel cervelletto di un bambino
”ne avevamo molti.”
Lo sguardo che lo specchietto retrovisore
mi offriva era di un padre stralunato, dalla memoria, quella recente. Sara
buona al meno la sua? Avrebbe voluto chiamarla, o forse correre verso di lei,
ma poi… come parlarle? Lui non conosceva la lingua dell’amazzone nonostante
porti il nome del suo imperatore e il suo piccolo interprete non era ancora
pronto linguisticamente.
“Belli, bianchi con un collo forte. Ora… “
stava per abbandonarlo di nuovo, per un’attimo, suo unico nipote maschio con il
nome persiano
“spero stiano bene Dimitri, entrambi, il
cavallo aveva una gamba... Ma perché non.. Mah.”
”… saranno già sulla strada verso lo Zoo o
da qualche altra parte, sempre se questo incontro non ha procurato dei dani
importanti al puledro.”
“Da noi non c'è più tanto spazio e poi sai
come è la nonna,” riprese “li
metteva in lavatrice tutti i giorni e a loro non piace lavarsi così tanto. Un
po’ come a te. Per cui sono fuggiti nel bosco.
Ma quando verrai, andremmo a trovarli. E
potrai montare il re!”
E mentra la corda riprese il suo vibrare
lineare, con le mani, una volta affusolate e curate ora contratte e gonfie dal
freddo delle prigioni balcaniche, prese il viso del piccolo figliare di una
apolide dal nome altisonante per portarlo verso le labra che non sappevano più
di sigaretta. Wolfgang ha smesso di fumare da due anni e non riconsco più il
suo odore quando mi abbraccia.
Mio nipote sta appena creando la sua
memoria olfattiva restituendo al nonno il bacio sulla guancia calata.
“ Hai detto al nonno che papi ti porta
spesso a vedere i pferden dai W.?” L’idioma di Islam, marito di Dolcezza è un "slavo"
da gesterbeiter con i prestiti di lusso più assurdi che una qualsiasi lingua
avrebbe potuto contrarre. Svelava così spudoratamente il suo passato, povero di
stimoli che irritava i miei succhi gastrici “Ma lui ha paura ad avvicinarli
signor Wolfgang. Solo attraverso lo steccato, a volte allunga la mano per
dargli uno zuccherino”
“Credo che la sterzata mi ha fatto venire
la nausea Islam. Come si apre il finestrino? Ho bisogno di aria” Devo uscire da
qui o rischio il contagio. Banalità è resistente agli antibiotici di tutte le
generazioni.
“Nessun Šubić ha mai avuto paura dei
cavalli Arman, perché sono la nostra linfa vitale. Tua madre e tuo zio, quando
avevano la tua età si addormentavano nelle stalle accanto ai puledri appena
nati. Ti ricordi Dimitri?! La ciccatrice che la Dolcezza ha sulla fronte, a
forma di scudo di davide, è il risultato di una di quelle notti. Che spavento
che ci avete fatto prendere.”
Banalità vs Memoria
Blanka non parla. Le matriarche mentre in
movimento spesso sognano ad occhi aperti.
“Dolcezza non vuole che lui vada vicino,
dice che poi si sporca e che i vestiti dopo puzzano per dei giorni... La vostra
figlia non è più la stessa, signor Wolfgang.”
Blanka non parla. Le matriarche sono
contrarie alla realtà che li predispone Islam. Loro guardano fuori dal
finestrino.
Tutti i finesettimana passati a Le Betulle
nei quali il tempo smetteva di gocciolare, Wolfgang ed io terminavmo con il
battezzimo come quello che veniva infierito ai bogumili: una volta superato il
ponte ottomano di Sarajevo le luci della città iniziavano a rubarci le stelle.
La radio cominciava a prendere benissimo e il nostro maggiolone veniva
inghiottito dalle vetture con l’aria confezionata. Inbocato il viale dei
ippocastani smettevamo di parlare e comincivamo a sentire il nostro odore da
campagnoli innoportuno. A volte incrociavamo la Dolcezza sul vialetto di casa
che ci salutava con un sorriso profumato mentre saliva in macchina di un
qualche giovane corteggiatore intenta ad offire alla città una delle ultime
creazione di uno stilista parigino o veneziano. Allora noi suonavamo il clacson
con esuberanza adolescenziale, inorgogliti dal legame di sangue che ci univa ad
una delle più belle donne della penisola. Mia sorella. Sua figlia.
L’altra, ritiratasi dai palcoscenici come
la sua matriarca mezzo secolo oramai, perché così va fatto altrimenti si
risualta ridicoli agli occhi della gente, perché si sa: la gente è gente, e la
gente giudica, ci attendeva seduta sul divano intenta a seguire uno dei suoi
film da domenica pomeriggio. Una volta attraversati la porta, si alzava per
affacciarsi sul lungo corridoio coperto di tapeti bucharà buttati a caso, o al
meno così doveva sembrare e con lo sguardo inquisitore ci accogleva indicandoci
la direzione della stanza da bagno. A volte ci veniva concesso il privilegio di
raggiungere le nostre stanze per toglierci i vestiti che odoravano di fieno e
rugiada e forse di sterco delle mucche a volte, specialemnte se era il periodo
quando si spargeva il concime, per poi correre nudi come i neonati appena
sgusciati dal utero sanguinante verso la vasca dove ci alternavamo: prima io e
poi Wolfgang. Ridevamo sguaiati mio padre ed io mentre facevamo il riepilogo
delle giornate passate a Le Bettule, il paradiso di noi uomini dove l’uniche
femmine amesse erano le galline solamente perché faccevano le uova e le dee
della mitologia greca e romana in quanto neccessarie ai racconti che uscivano
dalla sua bocca mescolandosi con il fumo della sigaretta.
Mio padre non sapeva più di fumo, non sapeva più di cavalli che scappati
per non essere lavati quotidianamenti in lavatrice hanno portato via anche la
nostra vitalità. Mia sorella ha limato la stella di davide che portava sulla
fronte e mio nipote non odorera mai di fieno perché soffre di allergie alle
graminacee.
Credi che possa andare bene Zebre e Leoni?
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