mercoledì 27 febbraio 2013

Stéphane Hessel, l'homme d'un siècle



Hessel & Morin

“Under good government, poverty is shame; under bad government, wealth is shame.”
~ Confucius

E' mancato Stéphane Hessel, figlio di Franz Hessel la cui vita è stata raccontata in un romanzo semi-autobiografico di Henri-Pierre Roché e che François Truffaut ha usato per il suo Jules et Jim. Ho avuto la fortuna di passare una settimana di Novembre, tanti anni fa, insieme a lui, alla Danielle Mitterrand e molti altri membri del The World Political Forum ascoltando non solo i loro "interventi istituzionali" in occasione di una conferenza, ma di condividere quei momenti intimi, davanti ad una tazza di caffè o di tè, la sera prima di ritirarci nei nostri comodi letti. Quali sono i Diritti reali dell’Uomo nel mondo politico ed economico odierno e come proteggerli? E’ possibile davvero una “giusta globalizzazione per tutti”? Chi sono i veri responsabili delle violazioni endemiche dei Diritti Umani? Quali i “nuovi Diritti dell’Uomo” sono emersi negli ultimi decenni?
Queste le domande a cui gli ospiti internazionali del World Political Forum erano chiamati a rispondere. Ma io, poi, rubavo le loro storie personali, le facevo mie sui foglietti mentre tutti ridacchiavano dicendo: Me le farai poi leggere piccolo pioniere di Tito?! Fui adottato da questa “Villa Arzilla” come spesso li chiamavo in quanto la loro età non corrispondeva alla fluidità dei loro pensieri e la lucentezze delle loro idee. 
Obiettivo di quelle giornate di lavori del World Political Forum era  favorire gli incontri tra gli uomini politici, tra gli uomini di scienza, le alte personalità della vita  culturale e religiosa di ogni continente, di ogni fede, lingua e cultura; catalizzare le soluzioni pratiche ed individuare nuove regole di governance da suggerire a chi allora e anche oggi è alla guida della politica e dell’economia a livello internazionale in modo da elaborare una strada diversa, una terza via alla ricomposizione delle crisi internazionali. Loro hanno provato a parlare con l'esperienza e la cultura (quella vera) ai "nuovi", ai più "giovani" con l’obiettivo di individuare soluzioni concrete e politicamente percorribili, da suggerire a chi ha nelle mani il futuro della convivenza pacifica fra i popoli. Quei momenti, ufficiali e non, mi hanno reso indifferente alle urla e agli strilli (anche quei muti) dei possibili governanti di oggi perché quando sfiori con le mani l'Olimpo anche se solo per pochi giorni, tornare a valle risulta così penoso. Riposa in pace adorato Stéphane.



lunedì 25 febbraio 2013

Le parole sono importanti






J1473 (1879) -  F1506 (1879)

We talked with each other about each other
Though neither of us spoke -
We were listening to the Second's Races
And the Hoofs of the Clock -
Pausing in Front of our Palsied Faces
Time compassion took -
Arks of Reprieve he offered to us -
Ararats - we took -    

Ci dicevamo l'una con l'altra dell'una e dell'altra
Benché nessuna delle due parlasse -
Ascoltavamo le Corse dei Secondi
E gli Scalpiti dell'Orologio -
Fermandosi di Fronte ai nostri Volti Paralizzati
Il Tempo mosse a compassione -
Arche di Sollievo ci offrì -
Gli Ararat - prendemmo –

Emily Dickinson, The Complete Poems - Tutte le poesie
Traduzione di Giuseppe Ierolli

A volte è così difficile comunicare l'uno con l'altro. Tuttavia ci sembra di farlo ma poi ci accorgiamo di quanto spesso le parole non siano quelle che veramente vorremmo utilizzare (già mi chiedo se ha senso continuare ora…). Alcuni riescono, attraverso la scelta dei vocaboli “giusti”, a descrivere esattamente il loro stato d’animo o in poche parole sono in grado a suscitarti forti emozioni. Per i sentimenti poi, bisogna attendere. La capacità di scrivere in modo chirurgico o di farsi capire credo ormai sia di pubblico dominio, nel senso che tutti, chi più chi meno, riescono con una certa facilità ad elaborare un discorso di senso compiuto. Invidio certi che seguo sul Twitter che in pochi caratteri combinano delle vere opere d’arte!!! Ma intendersi veramente, arrivare ad una persona riuscendo al contempo a originare in lei dei turbamenti e portare alla luce le immagini nitide non è da tutti. Prendiamo un esempio della letteratura italiana, Mattina di Ungaretti, pochi morfemi messi in fila … Ecco con questo, voglio dire, non viene mica a tutti di svegliarsi la mattina e dire: “m’illumino d’immenso”!, anche perché io la mattina riesco a malapena a sbadigliare, aprire la bocca mi risulta al quanto faticoso, percorro sempre lo stesso tragitto casa – lavoro proprio perché ancora incapace di formulare un percorso tutto mio, utilizzo quello prestabilito. Mi sono sempre chiesto se il problema è la mia-non-lingua. In due lingue europee sono nato, in altre due ho studiato e in una vivo, da quasi 20 anni. Ma leggendo questa poesia di Emily Dickinson mi sembra che può esserci un rimedio: quello di aspettare, di non contare ansiosamente le ore di un dialogo impaziente ma di farci guarire dal tempo che passa. Un pò come un'arca che ci porti lentamente fuori da questo diluvio di lingue e di parole e ci posi dolcemente su vette comprensibili.




domenica 24 febbraio 2013

Vota Adelphi! (cronaca di un'utopia a colori)





Lucciole per lanterne





Mi chiedo, le lucciole, hanno le ali le lucciole? Volano, allora le hanno. Perchè oltre a mandare le scintille, sfavillare, sfolgorare, cosa è che fanno?

Lucciole
Le mie lucciole sono di colore giallo-mimosa, con le piccole ali trasparenti e le code fiammeggianti. Ahhh come odorano di buono! Profumi, olezzi, fragranze, aromi. Questa bruma riempie la mia mente di odori lontani. Da dove arriva? Appanna le mie percezioni e le stende sulla dormusa. Le lucciole, così comode incominciano ad accarezzare i miei sensi.


lucciola sulla dormusa
Devono essere di sesso femminile. Sono così cerbiatte. Hanno gli arti? Si. E cosa pensavi?! Li usano per la locomozione: le braccia, le gambe, ma piccole, piccole, e belle, belle. Ma a che cosa li servono?
Non volano per sempre. E' quasi la mattina.

Lanterne
Ora le lucciole, stanche, non potendossi più staccare dalla superficie, con le ali piegate e con un ducato d'oro in mano, appoggiate al bastone si incamminano verso il fiume.
Ahh come solo volavano agli inizi di questa notte sferruzzando i miei pensieri qua e la. Ma con la mattina... con la mattina inizio a smagliare il loro lavoro depredandomi dalle cose più preziose mai possedute. Magari questa notte le lucciole non arriveranno. Con i fiocchi di neve non vanno d'accordo.

giovedì 21 febbraio 2013

Mamarazza, perché mi fa sorridere

Mamarazza
La chiamano "mamarazza" storpiando il suo nomignolo di Manni, la paparazza. Amante dell'arte (ha frequentato la Blocherer Schule di Monaco di Baviera), appassionata della fotografia, austriaca di Salisburgo, gira sempre con una macchina fotografica scattando amici o conoscenti durante le feste o semplicemente catturando i momenti della sua vita. Sa ricevere come poche donne del suo giro: molti bramavano quel cartoncino che li avrebbe portati ad uno dei suoi pranzi, perché allora, come per magia si sarebbero trovati in mezzo a quel "bel mondo", anche se solo per un breve lasso del tempo. La si poteva vedere fotografare mentre accompagnava il suo amico Hans Dietrich Genscher durante le visite di Stato, come anche quando i suoi compagni di sventura cercavano di riparare un'automobile in panne. Dal 91' le sue fotografie sono diventate mostre a Salisburgo, Berlino, Monaco... quella che ho sempre amato è l'immagine dei suoi due figli, a largo di Majorca, entrambi minorenni, mentre fingono di bere e fumare.

© SAYN-WITTGENSTEIN COLLECTION
Passo del tempo a guardare le foto su Instagram, pigiando "mi piace". Mi capita di trovarmi a qualche mostra - per sbaglio naturalmente, in quanto sono un analfabeta della fotografia - ma ad oggi credo di non aver scovato ancora una foto che mi abbia fatto sorridere così tanto come quando ho visto per la prima volta questa qui. Chissà perché. Poi mi è capitato di leggere Kundera, I bambini sono senza passato ed è questo tutto il mistero dell'innocenza magica del loro sorriso... Non è bello sorridere?!


© SAYN-WITTGENSTEIN COLLECTION

© SAYN-WITTGENSTEIN COLLECTION

© SAYN-WITTGENSTEIN COLLECTION


martedì 19 febbraio 2013

Barry Lyndon vs Damo Suzuki ossia come è facile innamorarsi di un western tedesco


Ecco non ho mai amato i western americani, o quelli italiani (dicono i migliori), per non parlare dei western giapponesi (vecchi e nuovi, anche se quelli vecchi sono di solito i film con i samurai, che però mi piaciono molto), e anche quelli messicano/spagnoli. Mio padre li guardava a volte, e diceva che il contesto, sterile e cosparso di sole pietre ti permetteva ad apprezzare la bravura degli attori. Nessuna distrazione. Punti di vista, pensavo, perchè per me Barry Lyndon era, allora ,qualcosa che catturava totalmente le mie cellule grige. E poi mi è capitato di vedere Deadlock di Roland Klick: girato in Israele,  paesaggi desertici,  personaggi che avrebbero potuto essere strappati da un western qualsiasi e che indossavano i pantaloni a vita bassa, sporchi e sudici, spesso colti in pose da ganzi con le loro pistole. E poi c’era lui, Mr. Sunshine, sostanzialmente Clint Eastwood in versione tedesca. Eh già perchè questo è un western tedesco!



Ora qualche intenditore del genere mi dirà che ci sono dei “chiarissimi richiami” alla filmografia di Sergio Leone, o che sia stato pienamente ispirato a Il Tesoro della Sierra Madre (??)… io ci capisco poco, e ancora oggi se mentre salto da un canale ad un'altro mi trovo un western, continuo con lo zapping. Però mi ricordo che le musiche dei Can mi hanno accompagnato per molte estati nei caldi pomeriggi quando mi nascondevo dal sole e sonnecchiavo o mi gustavo le mie prime sigarette pensando che sì, la vita alla Barry Lyndon è sicuramente piena di quadri magnfici, ma io desideravo così tanto scendere da uno di quei dipinti appesi lungo i corridoi per ululare come Damo Suzuki


sabato 16 febbraio 2013

The Lion King

Inizia tutto così, raccontava spesso mia nonna. Un bel giorno, tua mandre vestita con un pezzo di stoffa bianca informe, a tutta prima un abito da mare originale (la scena si svolgeva nella città dei Bey, Caravan-Saraj, lontano dalle acque azzurre del mar mediterraneo nda) attraversa il salone dove stavo sonnecchiando (leggi: piuttosto sbronza di cherry home made) con il passo affrettato dicendo:  
Mamma, esco a buttare il pattume! 
Forse perchè ancora nel dormiveglia non avevo realizzato bene. Mia figlia che butta l'immondizia?! Era raro vederla entrare in cucina, per cui le risposi solamente: Se non dovessi trovarla chiama Elizabeth!  
Elizabeth era un membro di quella famiglia sin dagli anni 40'. Per cercare il suo fidanzato (soldato al servizio di Sua Maestà britannica, membro della Missione Alleata che Winston Churchill invio per dare il sostegno ai partigiani di Tito) scomparso nei Balcani, arrivò dal Regno Unito e per la sua sfortuna non trovò mai il suo grande amore, ma incontrò la mia nonna con la quale istauri un sodalizio destinato a durare per molti anni. 
No mamma, non posso aspettare che rientri Elizabeth, ho molta fretta! 
Per andare a buttare il pattume?!
Eh si mamma, c'è un odore nauseabondo che arriva dalla cucina!

Il resto è diventata la storia della nostra famiglia. Sotto casa sali in un'automobile e andò a sposarsi con quello che sarebbe diventato il mio padre. 

montecchievich e capuletich, storia vera
Molti matrimoni iniziano in maniera piuttosto curiosa, ma il loro doveva essere tenuto nascosto per qualche giorno, per poter preparare le famiglie. Insomma una storia già sentita: famiglie rivali, per molte ragioni (storico-religioso-culturale) non si parlavano tranne nei momenti "ufficiali", ed ecco che i due giovani Romeo e Giulietta de noantri con questo insano gesto diedero vita ad una stirpe tutta nuova.

Dolcezza che si gode il primato...ma per poco ancora!


La prima ad arrivare fu lei, la Dolcezza (nonostante avessero deciso di non usare i nomi dei loro antenati la tendenza di chiamare i figli come gli stati d'animo o come i fenomeni naturali rimase)

Sei anni dopo arriva il mio momento. Ma... Non ci sono in realtà le fotografie che documentano questo avvenimento. Fu questo, insieme a molti alti pretesti, la ragione di un duro maltrattamento subito da quella che tutti insistevano a chiamare Dolcezza: Vedi, sei stato adottato, povero... Mamma ti ha comperato da una zingara perchè eri tutto sporco e piangevi e così, per pochi soldi, ha deciso di regalarmi un giocattolo nuovo!  

Dolcezza con il suo giocattolo nuovo allo Zoo
Dolcezza con la sua treccia lunghissima e sempre pettinata con molta cura. Il giorno che venne tagliata, come il codino dell'Imperatore della Cina, venne deposta in una scatola con la naftalina
Dolcezza e il suo giocattolo sul ponticello dello Zoo

Poco dopo l'avvenimento della pellicola a colore, i protagonisti di questo breve cinegiornale che sembrano i membri dell'equipaggio della corazzata Potëmkin incominciano anche a sorridere!

Bhe quasi sempre...
ah eccoci qui, Leoncino fiero della preda appena catturata e trascinata via dagli abissi del mare, posa con tanto di genitali ben in vista. Ci sono voluti litri di lacrime e svariati tentativi di suicidio prima che convincessi mia matriarca che il costume da bagno era quello che desideravo di più della pista per macchinine! In fondo, da sempre, bastava poco per farmi sorridere. a buon intenditore...
Leoncino esuberante (o isterico secodno le intrepretazioni)

 Queste fotografie sono giunte alcuni giorni fà, regalo della matriarca che le ha accompagnate con il seguente biglietto: 

Caro ed unico,
le tre fotografie a colori documentano i comportamenti sintomatici del paziente: felice per pocchi attimi, ingrugnito per una qualche (quasi a tutti) sconosciuta ragione, ed esuberante infine, perchè consapevole che nulla al mondo potrà renderlo vulnerabile se non un bacio rubato sulla guancia da parte di sua madre - quando meno se lo aspetta!
Sei la mia vita, 
Mutti



martedì 12 febbraio 2013

Artist who deserve - but have never won - a Grammy


"Sadly, The Weeknd is ineligible for a Grammy, as he released albums that were free to the public online (while still managing to make money off of sold copies, it is crucial to note)." by neon tommy

lunedì 11 febbraio 2013

Il cobra non è un serpente




Oramai ci siamo dentro, nell’anno del serpente nero d’acqua. Il serpente chiamato anche “il piccolo drago” (feng shui), l'animale celeste  percepito come un animale sacro che  porta con lui tutti gli aspetti benefici del dragone per alcuni e difficoltà da affrontare per gli altri. Di fatto, da quanto leggo, 2013, l’anno del serpente nero d’acqua sarà per molti l’anno dei progetti e della rinascita spirituale. Nelle relazioni il serpente porta sempre amori interessanti, quegli amori “ipnotici” , instabili che purtroppo non  durano nel tempo. Nulla di nuovo quindi. Sono d’accordo sia cinesi che coreani, che potrebbe essere un’ anno all’insegna della rinascita, della prosperità, soprattutto per le persone nate sotto il segno del serpente. Per noi Tigri invece avvertono che ci sentiremo come gli animali in gabbia, e che cambiare la giungla potrebbe essere una soluzione!(?) Questo mi fa tornare in mente il caro vecchio Kaa, uno dei più fedeli amici di Mowgli, un vecchio e saggio pitone delle rocce indiano (da Il libro della Giungla di R.Kipling) che dispensava sempre consigli saggi: “Un cuore impavido e una lingua cortese ti porteranno lontano nella giungla”. Quindi se state scaldando una serpe-nte nel seno quest anno, tenetevela stretta, saggezza popolare vuole che un serpente in casa porti fortuna e allontani le sventure. Magari, per questa volta, risvegliata dal calore del corpo anche se spaventata per l'insolito ambiente, non cercherà di fuggire mordendo il suo salvatore.