giovedì 17 gennaio 2013

Nada te Turbe

I malvagi diranno: è la rappresentazione della tragedia Scozzese!

Prima strega: Saluti Macbeth, signore di Glamis!  
Seconda strega: Saluti Macbeth, signore di Cawdor!  
Terza strega:  Saluti Macbeth, che un giorno sarai re!  
Macbeth: (cercando invano di afferrarle) Fermatevi creature infernali, ditemi di più. Le vostre parole fatali sono chiare e oscure al tempo stesso. (Riflette tra sé e sé. Nel frattempo le streghe scompaiono).


Ma non era andata così. Mi trovavo in un ritiro spirituale, facendo gli esercizi di St Ignazio, a Rocca Calascio nella provincia de L'Aquila. Giorni di pieno silenzio ho passato in quel paesino arroccato e ben chiuso, sigillato e protetto da tutto ciò che potrebbe venire dall’esterno. La mattina dopo il nostro arrivo,  nella cappella del monastero che ci ospitava, i miei conoscenti intonarono un canto lamentoso, basandosi sul Salmo 87-imo, Compieta, venerdì:

“E’ tra i morti il mio giaciglio, sono come gli uccisi stesi nel sepolcro, dei quali tu non conservi il ricordo…
Si celebra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà negli inferi?…
Sono infelice e morente dall’infanzia, sono sfinito, oppresso…” ecc.

Se mi chiedete di commentarle, vi rispondo: inutile! Non le sentivo proprie. Cercherò di essere più chiaro riportando alcune pagine sulle quali ho annotato tutto quello che provavo in quei momenti. Cercherò, ho detto.

Rocca Calascio, Marzo 1999


Faccio una contrapposizione al salmo recitato con un testo scelto a “caso”:
I re, 18, 27
“<<Gridate con voce più alta, perché certo egli è un dio! Forse è soprappensiero oppure indaffarato o in viaggio; caso mai fosse addormentato si sveglierà.>> Gridarono con voce più forte e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agivano da invasati ed era venuto il momento in cui si sogliano offrire i sacrifici, ma non si sentiva alcuna voce né una risposta né un segno di attenzione

I versetti del salmo premevano i miei timpani in un modo crudele e violento. I suoni che producevano i coloro che pregavano erano malsani, ridondanti e mal odoranti. Ero testimone di un evento straordinario: l’auto-flagellazione collettiva nel nome di una forza superiore, di un gruppo di occidentali estetizzati da qualche sofferenza e dolore. Era uno spettacolo macabro.
Nel primo istante ne fui coinvolto. Gli occhi si arrossirono pronti a versare le lacrime. Alzai lo sguardo per cercare un altro viso provato da qualche sua sofferenza che in queste parole cercava lo sfogo dei suoi dolori immensi, ma la scoperta fu una delusione. Intorno a me solo i visi di pietra che piegati su se stessi fingevano qualche dolore di qualche ferita già risanata, convinti che l’espressione e l’inclinazione dei loro corpi significasse “supplicazione”. Mi sono alzato turbato. Con molta fretta ho raccolto le mie cose e sono scappato.


Sosta lungo la via della fuga

"Giovanotto, da dove arriva lei?"
"Dalla Rocca."
"Ah ... noi siamo uscite a prendere un pò di aria fresca. Ci dica, perchè non è su a mangiare con gli altri? Sono passate le nove"
"Cerco di smettere signora"
"Sarebbe una buona abbitudine! Intanto prega però. Non vuole mica diventare un santo?!"
"Guardalo Maria, ha già l'aria da santo. Lungo, maaaagro, vestito di bianco...ecco se mi continua così me lo faranno nuovo Pontefice!"
Scoppiano a ridere
"Le lasci stare, sono vecchie è sole. Qui non capitano quasi mai giovanotti come lei. Ma mi dica..."
"Si signora, se sarò in grado. Mi chieda"
"Ma lei prega per qualcosa in particolare?!"
"Non credo. DI fatto non dovrei manco parlare durante questo mese del mio ritiro. Tranne con il mio padre spirituale. E' la regola."
"Capisco. Vuole smettere?"
"No signora, vorrei parlare e parlare e parlare fino allo sfinimento!"



 "Eeeeh giovanotto, diceva Teresa d'Avila - L'orazione mentale non consiste nel molto pensare, ma nel molto Amare!"

  

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