fra un paio di generazioni leggeranno sui libri che l'eccessiva libertà d'espressione ha generato la più grande fase di decadenza del nostro secolo. ed ecco, un ulteriore contributo
venerdì 29 marzo 2013
martedì 26 marzo 2013
Zebra appuntamento è 24 aprile a Parigi, per l'uscita de "L'ecume des jours"
Un film de Michel Gondry avec Romain Duris, Audrey Tautou, Gad Elmaleh, Omar Sy, Philippe Torreton, Alain Chabat, Charlotte Le Bon et Aïssa Maïga.
domenica 24 marzo 2013
Dainty morsel - L'uomo è cacciatore
L'uomo è cacciatore, la donna pescatrice (???), scriveva Victor Hugo. Ed ecco che il leone svegliatosi da un lungo letargo (si va bene non vanno in letargo i leoni, ma questo ce l'hanno mandato!) con la fame sulla faccia lascia la tana in cerca di un dainty morsel!
l'arma del pescatore |
The words of a whisperer are like delicious morsels; they go down into the inner parts of the body dicevano le vocine provenienti dalle sue budella. Eh si, si mettessero d'accordo al meno una volta, ma era troppo affamato per pensarci a lungo.
passi su passi |
piccoli passi in nessun luogo |
ostinatamente... (Samuel Beckett, Filastroccate) |
Si ferma e si specchia nel lago apparso come per magia!
giubba da caccia |
Odore della primavera si sprigiona in queste settimane intorno ai laghetti del bosco.
sull'uscio a rimirar tra le rossastre nubi stormi d'uccelli neri, com'esuli pensieri, nel vespero migrar... ancora le vocine! (Carducci, San Martino) |
Mette le zampette fuori, sulla terra bagnata di un anno prospero che tutti attendono da moltissimo tempo.
il bosco bagnato dorme ancora |
la tana del coniglio selvatico è vuota |
I leoni non danno la caccia ai conigli. Non ne ricaverebbero abbastanza energia anche se riuscissero ad acchiapparli... le vocine di nuovo... ecco ora si che mi ricordo da dove arriva tutta questa storia! Vi ricordate di quella frase sui leoni e le gazzelle che andava tanto di moda qualche anno fa? Quella che dice "Ogni
mattina, in Africa, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più
veloce della gazella, altrimenti morirà di fame. Ogni mattina, in
Africa, una gazella si sveglia e sa che dovrà correre più veloce del
leone. Non importa che tu sia leone o gazzella, comincia a correre!" Leoni e Gazzelle, in Africa, non corrono a caso dall'alba al tramonto, se mi permettete. E se con questa mini-maxi storia volevano invitarci a "cominciare a correre" senza ragionarci prima è
proprio una pessima filosofia che, peraltro, si situa bene in un mondo
dove si ritiene sempre e comunque una cosa buona la corsa alla crescita, di qulunque tipo possa essere.
Ah sono salvato!!! Il ritrovo preferito delle gazzelle!
dove gazzella vanno al brunch di domenica |
Io non corro, al massimo mi affretto! |
Sereno e non più affamato leone si gode la sua domenica pomeriggio ascoltando la pioggia.
domenica 17 marzo 2013
Secondo una leggenda loro erano come i giovani uomini della tribù degli Azra perduti nel mar pannonico
Due principi della corte del Grand Sophi |
Secondo una leggenda, nello Yemen esisteva
un’antica tribù degli Azra che in lingua araba vuole dire purezza. Si racconta
che quando ai giovani uomini di questa tribù non era possible vivere un amore
corrisposto, partivano o per la
guerra o per morire nel deserto in quanto una vita senza amore non avrebbe
avuto alcun senso. Questa leggenda ha colpito molto un giovane poeta, Heinrich
Heine, tanto da raccontarla in una delle sue poesie, Der Asra. Sulla Penisola
Arabica, esiste ancor oggi la provincia di ‘Asir, nel sud-ovest della Arabia
Saudita il cui nome nella lingua corrente significa “irraggiungibile”. La
poesia di Heine invece con gli Asburgo ha raggiunto Sarajevo e lì è diventata
una canzone. Der Asra, è stata tradotta e
interpretata da poeti, scrittori non solamente balcanici. L’hanno musicata
grandi come Karl Loewe e Anton Rubinstein.
Cinque secoli fa, cinque fratelli mandati a Vienna dallo Shah Tahmasp I
(sovrano persiano della dinastia safavide) per aiutare il suo difensore Wilhelm
von Roggendorf contro l’assedio dei comuni nemici turchi, si fermarono in un
punto della Pannonia per riposarsi. La corte si stabilì - così narra la nostra
leggenda familiare - lungo “un fiume”; proprio una mattina mentre i cinque
fratelli facevano il bagno, arrivarono delle fanciulle intente a lavare i
panni. Il racconto volle che questi gentiluomini persiani, rapiti non solo
dalla loro bellezza ma soprattutto dal loro canto (insomma, si doveva trattare
di una specie di sirene dell'antico mare pannonico, scomparso millenni or sono!)
decisero di fermarsi e prenderle in spose. Diedero così origine ad un’altra
unione “inquinata” di lingue, tradizioni e note musicali così cara alla mia
terra.
Non fu certamente l’ultima. Come per in-canto svanita la ragione per la
quale furono inviati alla corte Austriaca, questi Azra dell’antica Persia
attenderanno ancora per secoli i versi di
Heine che li furono portati in dote dalle loro nuove spose teutoniche,
contribuendo così con questo ulteriore batterio a rafforzare quella catena, quell’amasso,
il filamento delle cellule che per secoli hanno preservato i loro cuori puri.
Per amore, e solo per amore di un canto questi uomini hanno scordato le guerre,
i deserti, i giardini e lo splendore della corte del "Gran Sophi",
come era chiamato lo Shah persiano.
la corte dallo Shah Tahmasp |
Un canto che come un viaggio ha
attraversato il tempo, le terre, le lingue, i popoli, le razze e le religioni e
come un viaggio non ha mai perso il potere di sorprendere e catturare il
malcapitato. Dallo Yemen alla Germania, dal tedesco al serbo-croato, dagli
ebrei sefarditi ai musulmani bosniaci, dalla corte dei sultani ai palazzi
asburgici di una città fondata da un Bey come il Caravan Saray, nel 1200. Le
canzoni popolari bosniache, sevdalinke - dalla parola sevdah che vuol dire
bramare d’amore - sono la vita, l’infanzia e la vecchiaia di tutti noi
“inquinati” dallo sguardo dell’altro, poichè è vero che loro sono il prodotto
di innumerevoli incontri, ma è altrettanto vero che io esisto proprio grazie
allo sguardo dell’Altro. Altro che è Diverso.
La scelta di farvi ascoltare questa versione della Sevdalinka - Kraj tanana sadrvana (Der Asra) è legata al fatto che ancor oggi questa espressione artistica del mio popolo è in continuo divenire...perchè non darle allora anche una chiave jazz?!
sabato 16 marzo 2013
Romy Schneider!
Ho sempre trovato difficoltoso, mentre si giocava da infanti, quel gioco stupido, come già che si chiamava?, ah ecco "cose preferite", compilare le caselle come: colore preferito, cibo preferito, animale preferito...
Io non preferivo. Non mi sembrava opportuno preferire. Finchè non arrivavo alla casella "attrice preferita". Non ho mai esitato neanche per un solo istante scrivere a lettere cubitali ROMY SCHNEIDER. A volte aggiungevo anche un punto esclamativo. E' piuttosto evidente che la punteggiatura per me era un mondo da esplorare, regole da rispettare secodno le mie regole, di voci interriori, che non andavano zittite. Un pò come le doppie nella lingua italiana. Romy non aveva le doppie, scivolava dalla matita come un fiume in piena e chiamava quel punto esclamativo perchè ... dove altro poterebbe stare se non accanto al suo nome?! E poi, dopo averlo letto ad alta voce, come da copione usciva un sospiro. Inspiro, sospiro. Romy!
venerdì 15 marzo 2013
burnout
burnout ph by Intruso |
Non riesco, sono burnout.
E' grave?
Questione di attimi. E' l'esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d'aiuto, mi hanno detto.
Questo letto è stretto però. Tu aiuti qualcuno?
E' una piazza e mezzo, e comunque non ti avevo invitato. No, di solito soffoco i neonati nella culla.
Già, sei burnout...ti giri per favore?
E' proprio neccessario?
Mi sento come i fotografi del National Geographic, è un momento importante da documentare.
Demente, non sono una specie in via d'estinzione!
Lascialo giudicare a me. Ti sei lavato oggi?
Che giorno è?
Giovedì
Allora no
Ti prego vai via!! Mi gira la testa...ecco passami le gocce per la pressione. Sono lì, dietro di te. E lascia stare quel telefono!
Gocce Gocce ... ah Leone, mi sgoccioli via tra le dita e non riesco a prenderti, ad afferrarti. Apro ora le finiestre e faccio entrare quel che resta dell'inverno per congelarti. Solo nella forma ghiacciata riuscirò ad averti finchè non arriverà la primavera.
Mi passi quel libro? si Quello. Anzi aprilo, alla fine della nota introduttiva c'è una cosa che vorrei che tu leggessi. Si quello. Leggilo, ad alta voce.
"Ma io vi dico, signor mio idiota, che di tra quel cespo d'ortiche che è il pericolo, noi cogliamo quel fiore che è la salvezza"... di chi è? Ah Tutti i racconti di Katherine Mansfield.
Ora vai via Intruso e alza il volume.
giovedì 14 marzo 2013
Habemus Papam (e anche un taxi per tornare a casa)
Questa sera Piazza San Pietro sembrava avvolta in una luce del tutto unica, simile ad un gigantesco acquario che illumina l'oscurità intera e aspetta in silenzio stringendosi sempre più avanti, in attesa, avvolta nello stupore di tanta bellezza, di quei riflessi di luci e di marmi, di velluti e lampioni, rapita dall'improvvisa sensazione di trovarsi immersa in una notte d'estate, trasportata in un unico profondissimo sguardo, rivolto in alto, verso una stanza, verso un balcone incantato.
Il risveglio di Roma domani sarà senz'altro più intenso, passionale e vivo perché nelle sue vene scorre adesso un po' di sangue argentino.
Ci voleva, ci voleva davvero questa festa. E questa corsa sfinente per arrivare, fatta di scontri e di un inusuale fratellanza al di là di ogni credo. Una corsa sotto la pioggia, senza ombrello, con il cappotto ancora da infilare e tutto in disordine, congestionata nell'ora di punta, guidata dalla speranza, affamata di storia ma soprattutto capace di ricompensare. E di strappare finalmente un sorriso a questa città.
"Voi sapete che il dovere del conclave era di dare un Vescovo a Roma... Sembra che i miei fratelli Cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo... Ma adesso siamo qui!"
(Papa Francesco)
sabato 9 marzo 2013
Before my time - I titoli di coda
"BEFORE MY TIME"
Music and lyrics by J. RALPH Ⓒ Ⓟ 2012 J. Ralph
Cold Feet, don't fail me now
So much left to do
If I should run ten thousand miles home
Would you be there?
Just a taste of things to come
I still smile
But I don't want to die alone
I don't want to die alone
Way before my time
Keep calm and carry on
No worse for the wear
I don't want to die alone
I don't want to die alone
Way before my time
Is it any wonder
All this empty air
I'm drowning in the laughter
Way before my time has come
Music and lyrics by J. RALPH Ⓒ Ⓟ 2012 J. Ralph
Cold Feet, don't fail me now
So much left to do
If I should run ten thousand miles home
Would you be there?
Just a taste of things to come
I still smile
But I don't want to die alone
I don't want to die alone
Way before my time
Keep calm and carry on
No worse for the wear
I don't want to die alone
I don't want to die alone
Way before my time
Is it any wonder
All this empty air
I'm drowning in the laughter
Way before my time has come
venerdì 8 marzo 2013
Nel tempo, fuori dal tempo. Ovvero, Roma.
(Buon compleanno, Anna! E scusa il ritardo) |
La faccenda non cambia, sono sempre e comunque in ritardo. Anche se ci metto l'anima, anche se mi impegno, se faccio tutto il necessario per organizzare le mie mosse, perfino se anticipo la sveglia di ore ed ore, anche se fino ad un istante prima avrei giurato di essere in tempo. Il fatto è che nell'arco di pochi attimi possono accadere cose inaspettate, piccoli avvenimenti da quattro soldi capaci di stravolgere ogni vano tentativo di puntualità. Cose davvero stupide come che so, una telefonata, una macchia dell'ultimo secondo sul vestito o quell' indecisione che porta alla guerra di mille cambi d'abito, per ritornare poi al primo che avevi scelto o semplicemente una canzone che non si può fare a meno di ascoltare fino in fondo. Per arrivare puntuali bisognerebbe mettere a tacere i propri sensi, addirittura i pensieri o almeno girare muniti di paraocchi e tappi nelle orecchie.
Ebbene, l'altra mattina, ero in anticipo su me stessa. Qualcosa, mi dicevo dandomi un'ultima occhiata allo specchio, qualcosa è davvero cambiato. Nessuna macchia sul vestito, nessuna telefonata sgradita, nessuna visione improvvisa di qualcosa che fosse in grado di trattenermi. Di solito, quando devo trascinarmi da qualche parte, ho sempre l'impressione di dover sradicare via una parte di me che è altrove e che brama di restare esattamente dov'è, impegnata a pensare che tanto non valga la pena di fare nulla. L'altra mattina però anche questo antico conflitto sembrava svanito ed io ero -al cento per cento di me- in anticipo di un'ora.
Immersa nel piacere di questa nuova sensazione, mi muovevo per la casa, raccogliendo le ultime cose da buttare in borsa: le chiavi per una volta facili da trovare, un pacchetto di sigarette stranamente pieno ed un libro che nonostante aggravi il peso da portare, rimane indispensabile, sempre, anche quando -come nel mio caso- si sta andando ad una sorta di colloquio di lavoro.
Uscire sprovvisti di un libro è come esporsi alle sciagure del mondo, lasciando nel cassetto un amuleto. Anche di sera, quando il buio rende la lettura fuori casa più complicata, perfino se l'abbigliamento stona e se la borsa si rimpicciolisce per adeguarsi alla notte, bisogna sempre, se non si vuole rischiare di annoiarsi, trovare posto per un libro, a costo di forzare le cuciture o di considerare le micro pochettes non abbastanza eleganti.
Uscire sprovvisti di un libro è come esporsi alle sciagure del mondo, lasciando nel cassetto un amuleto. Anche di sera, quando il buio rende la lettura fuori casa più complicata, perfino se l'abbigliamento stona e se la borsa si rimpicciolisce per adeguarsi alla notte, bisogna sempre, se non si vuole rischiare di annoiarsi, trovare posto per un libro, a costo di forzare le cuciture o di considerare le micro pochettes non abbastanza eleganti.
Tornando all'altra mattina, stavo quasi per afferrare le chiavi della macchina quando improvvisamente mi dico no, eh no, non sarai così stupida da cadere in un errore simile! Ma quale macchina! Il traffico sul Lungotevere e la ricerca di parcheggio nei pressi del Colosseo avrebbero potuto mettere a serio rischio la miracolosa armonia della mia puntualità. Così perdo qualche secondo a riflettere sulla questione, ignorando i sensi di colpa per una spesa che avrei potuto evitare, giustificando a me stessa questa brutta abitudine, un virus contratto anni fa a New York e finalmente mi convinco. Afferro il telefono e chiamo un taxi.
La voce metallica del 3570 (che non vi lascia mai soli) mi comunica che la macchina arriverà in tre minuti. Che fortuna penso, precipitandomi in ascensore, tutto fila liscio. Adesso basterà semplicemente accelerare il passo per evitare le inutili chiacchiere del portiere. Basterà tirare dritta e fare un saluto con la mano. Fuori sembrava essere spuntata la primavera. Dopo interminabili mesi di pioggia e di freddo, la luce si era decisa ad inondare ogni cosa e traditi da questa illusione, anche i fiori erano spuntati in una notte. Con il cappotto addosso faceva quasi caldo e proprio di fronte -dall'altra parte della strada- dei ragazzini usciti in anticipo da scuola se ne stavano seduti per terra, in maglietta, con le spalle appoggiate al muro e rivolti verso il sole, quasi fosse un profeta.
Era davvero una mattinata speciale, non solo perché ero in anticipo, non solo perché la primavera si stava manifestando ma soprattutto perché mi era capitata un'opportunità, quella di iniziare a cimentarmi in un lavoro, che di questi tempi ho concluso essere l'unica cosa di cui davvero ho bisogno.
Come dicevo prima, basta pochissimo per perdere concentrazione. Nel mio caso era bastato il sole, quei ragazzi seduti per terra e qualche pensiero positivo ad attraversarmi la mente... Guardo l'orologio e mi accorgo che il tempo corre via: di minuti ne erano passati almeno il triplo di tre e ne mancano trentacinque al mio appuntamento. Senza esitare, richiamo il centralino e aspetto in attesa... Mi promettono un'altra macchina, questa volta in cinque minuti. Nel frattempo mi sfilo il cappotto e decido di tenere lo sguardo fisso sullo schermo del mio cellulare, per evitare di perdere di nuovo la cognizione del tempo. I cinque minuti scadono e allora comincio seriamente ad innervosirmi, quando vedo finalmente spuntare il taxi dal fondo della salita. Avanza lentamente, con i quattro finestrini abbassati -neanche fosse giugno- e si avvicina a me con aria quasi beffarda.
- Devo andare in centro, per favore, in via Labicana. Al numero 1.
- Ma in via Labicana dove, Signorì?
- Al numero 1, è proprio all'inizio... Di fronte al Colosseo.
- Vabbé... Che faccio qui? Posso fa inversione? O è contro mano?
- E' doppio senso, può andare!
Mentre la macchina gira su stessa, esitando un pò e come per mettere le mani avanti aggiungo:
- Speriamo di arrivare in tempo. Sa, ho un appuntamento importante...
L'autista muto come un pesce e sordo d' indifferenza si limita a non rispondermi ma sembra finalmente premere sull'acceleratore. Così sbattendo a destra e a sinistra cerco di tirare su i finestrini di dietro. Per un istante è stato come volare. Butto l'occhio di nuovo sul tempo che sfugge via e mi dico, bene, ho venti minuti, ce la faccio. Rassicurata, frugo nella borsa e aprendo il portafoglio mi accorgo di avere un'unica banconota da cento euro. Per scrupolo decido di avvertirlo in anticipo:
- Senta mi scusi, ho una banconota da cento. Ha il resto da cambiarmi?
Stupefatto, irritato e quasi inorridito si gira e mi fà:
- E no Signorì, nun ce l'ho no il resto! E che so 'na banca?!?!?!
- Allora mi scusi posso pagare con la carta?
- Con la che?!?!?!?
- Con la carta di credito!
- Ma quale carta Signorì! Gliel'ho già detto, nun so mica 'no sportello della banca io!
- Ok, ok, non si preoccupi. Allora facciamo così: si accosti al primo bar o alla prima edicola e mi li faccio cambiare.
- Se vabbé! AHAHAHAHAHAH! Ma chi glieli cambia a giorno d'oggi Signorì!
- Ma che dice, certo che me li cambiano. Non sono mica falsi!
Sempre più in ansia per il ritardo, non mi accorgo che aveva preso una deviazione.
- Scusi ma dove sta andando?
- Allo sportello Signorì! Non m'ha detto che doveva da cambià sti sordi?
E si ferma davanti ad un bancomat.
- No senta, mi scusi, forse non ci siamo capiti. Sono terribilmente in ritardo e ho un appuntamento importante. Non voglio prelevare altri soldi, voglio solo cambiare questi. Quindi per favore si rimetta subito sulla strada giusta -che di qui finiamo a Fregene- e si fermi al primo bar.
Ormai deciso a mandarmi tutto all'aria, si avvia a 20 all'ora e si ferma- cinque minuti dopo- al primo Caffé. Mi precipito fuori e lui mi urla dal finestrino:
- In bocca al lupo, Signorì!
In un lampo ero di ritorno con i soldi cambiati e una strana voglia di rivalsa mentre lui, con lo sguardo impunito, in maniche di camicia e con il braccio di fuori strillava:
- Allora com' è andata? L'hanno cambiati?
Imbarazzata dagli sguardi della gente che per strada si era girata a godersi la scena, mi lancio all'interno dell'auto, sbattendo la portiera.
- Certo che me li hanno cambiati! Che si aspettava?!
- Eh Signorì... Allora se vede che la conoscono. Sinnò mica che se fidavano!
- Ma che mi conoscono! Vada per favore che sono in ritardissimo!
Venti minuti dopo e ormai dieci minuti fuori tempo massimo, io e l'autista dei miei sogni varcavamo l'entrata del centro storico, dopo aver attraversato Villa Borghese nel suo totale splendore. Mi sentivo oltre la rabbia e se avessi potuto, l'avrei strozzato! Poi ad un tratto, mi è venuta in mente lei.
Anna Magnani, con le sue volpi al collo e il suo bassotto che si chiamava Mavà, in quell' episodio di Siamo Donne che tanto amo, diretto da Luchino Visconti. Mi è arrivata dritta al cuore, con quei capelli da furia, quella sua risata che manca a Roma più del Papa e del governo, con la sua testardaggine, quella risposta sempre pronta e con quelle occhiaie, simbolo di una vanità autentica.
In giornate come queste, in cui la parola"cambiamento" sembra essere diventata la chiave per risolvere ogni cosa, è stato confortante perdere qualche attimo in più di concentrazione per viaggiare indietro nel tempo -o meglio fuori dal tempo- e venire catapultati in quella mattina di sole molto simile a questa, in quella Roma ammagliante che ancora si specchia nella sua eterna bellezza, nel ritratto di un autista di ieri che per nulla è diverso da un autista di oggi e ritrovarsi infine con i capelli arruffati e la voglia di urlare a chiunque ci ostacoli la strada: " Levate che me te magno!" Proprio come diceva la Magnani che oggi avrebbe compiuto 105 anni.
Finalmente lo sguardo si schianta con la realtà. Il Colosseo in primo piano mi ricorda il ritardo e il tempo che vola via. Ancora qualche secondo per fare attraversare un'ondata di turisti che nuota nel sole.
Poi finalmente, il traguardo.
- So 28 e 70, Signorì. Ammmmmazzate! Bello st'albergo! Che lei ce lavora?
Senza rispondere alla domanda, gli porgo trenta euro e in contraddizione con la mia rabbia gli dico:
- Tenga pure il resto.
- A presto Signorì, allora grazie eh! E in bocca al lupo per quel suo appuntamento...
Scatto all'interno dell'hotel con la sua voce che mi rincorre ancora -neanche fosse una fattura- e che non riesco più a scrollarmi di dosso. Mi sistemo per un frazione di secondi e scopro che la persona che dovevo incontrare si scusa, ma è in ritardo. Così, salgo sulla terrazza, qualcuno mi porta un caffé.
Nei restanti quaranta minuti di attesa, è stato il libro a salvarmi.
Nei restanti quaranta minuti di attesa, è stato il libro a salvarmi.
mercoledì 6 marzo 2013
Quando le @Lettere non avevano la @
Lettere senza la @ |
Quando le @Lettere non avevano la @. Viaggivano e spuntavano da ogni dove. Tu cambiavi indirizzo, città, paese o continente ma le lettere arrivavano lo stesso. Quando le Lettere poi sono finite nella scatola non hanno smesso di essere delle Lettere. Spuntano ancora e ti portano dove hai bisogno di andare. Quando le #lettere non avevano il # ti portavano nella loro terra d'origine.
lunedì 4 marzo 2013
Anche la regina ci ha dato buca
via whatsapp
Zebra: Nooo! Anche la regina ci ha dato buca cancellando la sua visita a Roma! Bene, quindi: niente governo, niente papa... E niente regina!
Leone: Noooo, la regina noooo
Zebra: Ci tenevo tanto
Leone: Ma quando è stato comunicato?
Zebra: L'ho letto tra le notizie... Oggi.
Leona: Uffaa
Zebra: Ha problemi di salute a quanto pare... O forse (come nel romanzo di Alan Bennett) è soltanto immersa nelle sue letture. Ma in fondo pensaci, se non c'è un governo e neanche un Papa cosa diavolo dovrebbe venire a fare la regina a Roma?!
Leone: Decisamente un'osservazione accuta. Però avrà qualche amico, amica da venire a trovare?
Zebra: Si ma dai, Noi non ci spostiamo mai per far visita agli amici!
Leone: Già... Ora mi sto guardando I Borgia su La 7. C'è sempre da imparare qualcosa da loro.
Zebra: Bene, lo metto anch io
..... pochi minuti dopo, sempre via whatsapp
Zebra: Cmq non c'è più bisogno che tu esca a comprare il libro domani perché te l'ho mandato io e ti arriverà direttamente a casa. Così eviterai di scontrarti con altri corpi umani all'interno di una libreria!
Leone: Ahahaha! Grazie
Zebra: Prego. Scusa ma mi ero proprio stufata di aspettare! Vado a dormire I Borgia non mi piacciono, Notte
Leone: NotteThe Uncommon Reader by Alan Bennett (ovviamente un Adelphi) |
domenica 3 marzo 2013
extra porta Marmoream
Mentre all'angolo orientale del «Bastiglione Est» del Monte che evoca l’amore dell’Eterno con la terra i visi si incontrano
sabato 2 marzo 2013
blow it up boom boom
blow it up boom boom, blow it up boom boom, blow it up boom boom, blow it up boom boom |
rimbomba anche l'aria contro la finestra desolata. innutile stiracchiare la gola secca, è finita la notte dei tentativi e manovre. si dissolve sotto il pesante respiro il cuscino mentre l'orrore notturno svanisce. il ricordo dei canali dolorosi infuocati dalll'oro della luce ricca di liquidi secchi. il risveglio torna a vivere sul collo della bottiglia contro il palato molle. ugola vibra mentra la gola la beve con un vago ricordo goduto la notte prima. un sapore che non torna.
venerdì 1 marzo 2013
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