sabato 22 dicembre 2012

Made in China. Nuovi colori per pareti di carta





Il regalo più auspicabile rimane il cambiamento, qualunque  forma esso possa assumere, perfino nel sua manifestazione più pura che è il vuoto. Quello spazio che improvvisamente si libera,  quelle pareti che crollano giù come fogli di carta, quelle praterie ghiacciate che si estendono davanti ai nostri bisogni, altro non sono che una nuova possibilità di ritrovarci.
Se potessimo ritagliare ed incollare insieme gli ultimi avvenimenti di questi giorni, ne uscirebbe fuori un' immagine mostruosa, in movimento, fatta di treni, venti gelati, spostamenti, camini finti e Made in China .  Ma non ci importa perché cavalcando l'onda abbiamo imparato ad andarcene in giro come meduse dalle teste spettinate e abbiamo rivalutato le tinte di molte pareti,  ridisegnato i pavimenti su cui poggiare velocemente i  nostri piedi, fino a sentirci a casa anche lontano da noi stessi. Dalla laguna ai grattacieli, dal Natale al passato che si affaccia, dal Sud, dalle spiagge di Rio fino al ritorno nell'eterna città, da vicino a molto lontano, continuiamo a fluttuare, zingari nell'oscurità, alla ricerca di un nome. L'aurora.  






Electre  - Où nous en sommes?

La Femme Narsès  - Oui, explique! Je ne saisis jamais bien vite. Je sens évidemment qu'il se passe quelque chose, mais je me rends mal compte. Comment cela s'appelle-t-il, quand le jour se lève, comme aujourd'hui, et que tout est gaché, que tout est saccagé, et que l'air pourtant se respire, et qu'on a tout perdu, que la ville brule, que les innocents s'entretuent, mais que les coupables agonisent, dans un coin du jour qui se lève?

Electre - Demande au mendiant. Il le sait.

Le Mendiant - Cela a un très beau nom, femme Narsès. Cela s'appelle l'aurore.


(Jean Giraudoux, Electre)


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