lunedì 24 dicembre 2012

to pack up - smettere di funzionare


le piccole prove per il giorno dopo


Enrico IV (prendendo la lampada e poi indicando la tavola sul coretto) Ecco, un pò di luce. Sedete, lì attorno alla tavola. Ma non così! In belli e sciolti atteggiamenti…(Ad Adriano) Ecco tu così… (lo atteggia, poi a Bertoldo) E tu così… (lo atteggia) Così, ecco…(va a sedere anche lui) E io qui… (volgendo il capo verso una delle finestre) Si dovrebe comandare alla luna un bel raggio decorativo… Giova, a noi, giova, la luna. Io per me, ne sento il bisogno, e mi ci perdo spesso a guardarla dalla mia finestra. Chi può credere, a guardarla, che lo sappia che ottocent’anni siano passati e che io, seduto alla finestra non possa essere davvero Erico IV che guarda la luna, come un povero l’uomo qualunque? Ma guardate, guardate che magnifico quadro notturno: l’Imperatore tra i suoi fidi consiglieri…Non ci provate gusto? 

L. Pirandello, Enrico IV, in Sei personaggi in carca d’autore – Enrico IV

Ecco qui un patrizio dei primi del Novecento, che dopo aver battuto la testa cadendo da cavallo, fissato nella convinzione di essere il personaggio storico da cui prende il nome, Enrico IV.
Enrico IV, porta il lutto per la giovinezza perduta e si vendicherà su Belcredi, il suo rivale in amore per Matilde di Spina e colui che disarcionandolo lo fece sbalzare di sella diventando così il primo fautore della sua dis-grazia: i venti anni di mascherata (dodici di follia e otto di finta follia).  L'improvvisa guarigione di Enrico IV - quanto improvvisa tanto inspiegabile - lo riporta nella quotidianità non estraniata. La “guarigione” lo rende anche consapevole di non poter più recuperare i dodici anni vissuti “fuori di mente”. A questo punto non gli resta che fingersi ancora pazzo dopo aver constatato che nulla era rimasto della sua gioventù, del suo amore, e che molti lo avevano tradito. Il personaggio-maschera che scopre, insieme alla coscienza dell'irrecuperabilità del tempo passato, che non può più ritornare neppure nello spazio riservato alla fantasia, perché la vigile ragione avverte che le cose mutano e non ritornano mai ad essere le stesse di una volta. Eppure, lui resta vivo, infelice, in sospeso tra la ragione e la pazzia e distrutto per aver tentato di cancellare la maschera dell’illusione.

La follia in quanto l’elemento fondamentale della condizione umana con la quale fuggire la propria angoscia e il proprio dramma, intesa come quell’estremo rifugio per potersi salvare dal dramma dell'esistenza è davvero il segno che abbiamo smesso di funzionare?
Intanto le formiche continuavano a imbandire le tavole nelle babeliche mescolanze con la noncuranza e la dedizione estrema, concedendo al mentecatto questo momento di grande dignità estetica, che in seguito gli verrà sotratto, facendolo ripiombare nella farsa melodrammatica. Sembra di essere circondati da decine di mini-Pirandello. 

 

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