“Di un ordine chiaro
e di confini sicuri. Di un mondo in cui io sono soltanto io, e non posso essere
qualcun altro. Di un mondo in cui di giorno splende il sole e di notte la luna,
in cui il giorno e la notte si danno il cambio con certezza e senza errori, in
cui le case stanno per terra e la gente nelle case…
…<<Hai bisogno
di cose strane, caro mio>>, rise Rabia, <<Vuoi che tiri le tende e
apra la finestra?>>…
…Si dice che gli
uomini più diventano vecchi più hanno bisogno dell’infanzia, ma lui è troppo
giovane per ritornare all’infanzia, soprattutto per inventare una sorta di
infanzia felice di cui non c’è traccia…Per questo il fuoco va bene. La fiamma
attenua i colori delle immagini che si affollano e sceglie le forme dei ricordi
inventati, così che queste immagini tentatrici si dissolvano in una leggera
tristezza annacquata, che agli uomini finisce per risultare piacevole. E’
assalito dalle tentazioni, come la voglia di piangere, ma anche questo
desiderio scompare abbastanza in fretta, e poi lo rimpiange perché è piacevole
e buono, per quanto possa apparire puerile in un uomo adulto.
…Bisogna capire che
lui era stanco e debole, che gli uomini peccano, e che a lui sarebbe piaciuto
così tanto essere di nuovo bambino, libero dai ricordi e senza nulla nell’anima
se non il piacevole calore che trasmette una mano appoggiata sul capo.” Dzevad Karahasan, Il divano orientale, Il
Saggiatore, Milano 1997
Disteso con gli occhi
socchiusi, Adem-aga cercava di indovinare quanto tempo fosse passato da
“allora”.
Era piegato mentre
premeva con la penna sulla carta rallegrata dal vento che soffiava dal fiume.
Avvertiva un leggero dolore della pelle tesa sulle anche.
Si era spogliato dalla notte quella
mattina davanti allo specchio della sua camera con la vista sul Reno e aveva incominciato a
guardarsi. Ecco, c’erano delle piccole crepe sulla pelle che ricopriva le ossa
sporgenti del femore. Si estendevano su tutto il fianco, verso su, fino ad
arrivare alle ascelle. Gli facevano male. Continuano a fargli male.
È sotto il getto
d’acqua. Che sensazione brutta. Sente bruciare la pelle. Si sta spaccando. Grida.
"Cosa ti sta succedendo Adem-aga?" si sentiva oltre la porta della stanza da bagno.
"Nulla, metta della musica Aisha, ho bisogno della musica e di un suo racconto, entri, la prego"
Gli odori dei saponi,
le essenze degli oli profumanti che coprivano ogni giorno i suoi odori corporei
li sentiva solo ora come abominevoli ed estranei. Vomita.
I pezzettini del cibo
non gradito non riuscivano a trapassare la griglia dello scarico, allora lui si
inginocchiò e cominciò a premere con le sue curatissime e sempre impomatate
mani quei corpi molli contro la retina.
Di nuovo il dolore. Le
ginocchia gli stavano bruciando aggredite dai succhi gastrici offerti alla
ceramica bianca sulla quale giaceva aggrovigliato.
Era più fresco li giù.
I vapori erano in alto. Intorno a lui soltanto gli odori del cloro e di qualche
acido gastrico. Nonostante ciò, l’acqua continuava ad essere limpida e
trasparente.
È immerso in uno
specchio. Le gocce continuano a cadergli sulla schiena simili alle perle di una
collana rotta. Tutte le sue ossa sembrano spuntare come le mani di quegli
assetati nei campi di racolta dove... Adem-aga cercava di indovinare quanto tempo fosse passato da
“allora”.
Aisha da secoli segue la famiglia dei Adem-aga. Seduta sulla dormusa della stanza da bagno con un libro aperto iniziò il suo racconto:
Spiaggia ai piedi della montagna del Purgatorio, Dante, Virgilio e Catone... Quando arrivammo a Nord dell'isola, là dove la rugiada combatte con il sole per non estinguersi, trovandosi in parte all'ombra ed evaporando quindi lentamente, entrambe le mani aperte pose.
Gli porsi le mie guance rigate dalle lacrime. Delicatamente sull'erba tenera il mio maestro: allora io, essendomi reso conto delle sue intenzioni, mi ripulì il viso con la rugiada, rendendo visibile quel colore che la sporcizia dell'inferno aveva offuscato. Raggiungemmo infine una spiaggia deserta, che non vide mai navigare, sulle acque che la bagnavano, uomini che furono poi in grado di tornare indietro. Qui mi cinse con un giunco, come Dio volle: che cosa meravigliosa! Non appena scelse e colse l'umile pianta, ne rinacque. (Canto 1, Purgatorio, una maldestra parafrasi di Aisha)
Gli porsi le mie guance rigate dalle lacrime. Delicatamente sull'erba tenera il mio maestro: allora io, essendomi reso conto delle sue intenzioni, mi ripulì il viso con la rugiada, rendendo visibile quel colore che la sporcizia dell'inferno aveva offuscato. Raggiungemmo infine una spiaggia deserta, che non vide mai navigare, sulle acque che la bagnavano, uomini che furono poi in grado di tornare indietro. Qui mi cinse con un giunco, come Dio volle: che cosa meravigliosa! Non appena scelse e colse l'umile pianta, ne rinacque. (Canto 1, Purgatorio, una maldestra parafrasi di Aisha)
Giovane Adem-aga, avvolto da un candido telo di fattura orientale ai piedi di Aisha con la criniera ancora bagnata e con i vapori adagiati sugli specchi della stanza da bagno, addormentato.
video by Leone, musiche Reitzell/Beggs "Intro Versailles" & Ane Brun "To let Myself Go"
let yourself go
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